Oggi, nel giorno in cui l’Italia decise
di diventare una repubblica, ancora una volta vogliamo porre l’accento sul
cardine di questa repubblica: il lavoro.
Una
pagina storica, un punto di non ritorno ma questa volta nulla era stato
distrutto ma molto era stato sognato e sancito affinchè potesse essere, nel
tempo, realizzato.
Un
regalo senza tempo per meritare il quale ancora oggi, ogni giorno, ci si deve
impegnare con dedizione e fatica.
L’Italia
Libera per voce di uomini e di donne, figli e figli del buio dei conflitti
armati, scelse nel 1947 di affidare al popolo la Sovranità, in quanto Bene
Comune di primo ordine, e di legarne l’esercizio ai Valori ed ai Diritti di
quella che sarebbe diventata la Costituzione più audace, più moderna e più
copiata nel mondo. Il Popolo incorona sè stesso, non un re o un capo che
comandi, assumendosi la responsabilità del suo presente e di quello delle
generazioni future, scegliendo chi debba governare in Democrazia, sancendo la
forma Repubblicana come principio imprescindibile, immodificabile; sancendo il
doveroso rispetto dei contenuti degli undici articoli, che seguono il primo
nello scrigno dei Principi non a caso fondamentali della nostra Costituzione,
come anche degli altri 127 (Parte prima: Diritti e doveri dei cittadini, Parte
seconda: Ordinamento della Repubblica, Disposizioni transitorie e finali) della
Costituzione Italiana.
La
Costituzione italiana precede di un anno la Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani siglata in sede Onu (10 dicembre 1948), un altro regalo sotto
l’albero per l’Umanità tutta. L’articolo 1 (‘Tutti gli esseri umani nascono
liberi ed eguali in Dignità e Diritti’) racchiude il senso del documento
condiviso da chi le guerre le aveva vinte e da chi le aveva perse. L’Italia lo
aveva già scritto, impresso nella Storia oltre che nella Cultura del nostro
Paese, un anno prima.
Padri
e madri costituenti trasformarono le macerie in sogni, guardarono lontano ad
uno Stato che si fonda su ogni contributo utile allo sviluppo della personalità
reso da uomini e donne, alla loro opera, individuale o collettiva, necessaria
alla crescita del Bene Comune, il Lavoro.
Il
Lavoro, non il privilegio di pochi. Il Lavoro come Valore e Diritto per
costruire – ricostruire - il Paese insieme, non come condizione di
sottomissione ed indebolimento, ma punto di forza ed occasione di crescita
comune. L’operosità, non il parassitismo. Il rispetto della Dignità non lo
sfruttamento. Il Lavoro come viatico per la Libertà, l’Indipendenza, lo sviluppo
della personalità e della società.
L’articolo
1, come un verso, decanta: ’L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul
Lavoro. La Sovranità appartiene del Popolo, che la esercita nei modi e nei
limiti della Costituzione’.
La
centralità del Lavoro è cruciale nella visione dei padri e delle madri
costituenti, poiché apre la Costituzione e ne compie i contenuti quando
l’articolo 4 sancisce che ‘La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società’.
La
Repubblica riconosce ed il cittadino ha il dovere di contribuire, ecco il piano
di incontro di responsabilità reciproca rispetto al Bene Comune. La comunità,
infatti, necessita di progredire tecnicamente ma anche di accrescere lo
spirito, da qui il contributo ad un progresso complessivo, senza esclusione
alcuna. Un principio fondamentale, il primo specifico dopo il riconoscimento di
principi inalienabili della Persona, quali l’inviolabilità, la pari Dignità
sociale, l’Uguaglianza di fronte alla Legge.
Dopo
la bellezza ed il calore di questa visione che impara dalle macerie, se ne
nutre per ricostruire un Paese questa volta giusto, ecco sancito il diritto al
Lavoro, valore consacrato già nell’incipit della Costituzione, tuttavia un
patrimonio ancora non pienamente attuato in Italia.
(Anna Foti)
E intanto, accanto a queste parole che
dovrebbero seriamente far riflettere chi dice di volerci governare, nerl web si
trova anche questo:
“Siamo
senza lavoro”. Nel messaggio scritto in due lettere la motivazione di un doppio
suicidio.
Due ragazzi, di 33 anni, sono stati trovati intorno alle 13 in un appartamento di piazza Tommaseo, stesi su due letti differenti, ciascuno con un sacchetto intorno al collo contenente gas a uso domestico. A spiegare il gesto le due lettere, dove si lamenta anche la mancanza di relazioni famigliari.
Due ragazzi, di 33 anni, sono stati trovati intorno alle 13 in un appartamento di piazza Tommaseo, stesi su due letti differenti, ciascuno con un sacchetto intorno al collo contenente gas a uso domestico. A spiegare il gesto le due lettere, dove si lamenta anche la mancanza di relazioni famigliari.
Il
33enne ingegnere, Guido S., risultava intestatario dell’appartamento: aveva un
figlio di 5 anni, non era sposato, la sua ex “compagna” risiede a Monza.
L’amico Fabio B., disoccupato, anche lui 33enne, aveva un figlio di 2 anni ed
era separato; la moglie risiede a Cornaredo. Sarebbe stato lui a scrivere due
lettere, trovate nell’appartamento, nelle quali si fa cenno a difficoltà
lavorative e a problemi in famiglia.
Ad
allertare le forze di polizia è stata la madre di uno dei due uomini che non
riusciva ad entrare in contatto con il figlio. Intervenuti i vigili del fuoco,
poiché l’appartamento era chiuso dall’interno, gli agenti hanno trovato i due
cadaveri.
E’
la società “liquida” e frammentata, la società delle “coppie di fatto”, dove i
legami vengono trattati come beni di consumo, e come tali consumati. Questo è
il prezzo.
Inizia
il nuovo settennato di Napolitano. Pisapia pensa ai Rom e i politici a
frammentare ancor di più la società con matrimoni gay e registri di fatto.
(Voxnews)
Questo articolo è il non esempio di tutti i principi sani che dovrebbero
formare la repubblica italiana: pregiudizi, ignoranza, omofobia,
superficialità.
Se questi due uomini (a 33 anni si è uomini,
non ragazzi) potevano fare una scelta più saggia: continuare a combattere per
risolvere questa crisi, chiedere aiuto all’assistenza sociale e alle
associazioni come la Caritas, piuttosto che scegliere la via del suicidio che
non è mai una soluzione.
Per il resto dell’articolo, siamo senza
parole, l’homus stupidus è ormai un abitante fisso di questo paese.
Siamo ancora lontani dall’ideale di
Repubblica dei padri costituenti, in tutti i sensi.
Bella domanda, forse dovremo chiederci se l'Italia esiste ancora o è diventata l'estensione dell'America in mano a un manipolo di ladri, corrotti, pagliacci e ominicchi.
RispondiEliminaun saluto alla savana
Purtroppo l'Italia che sogniamo non esiste...
EliminaSiamo in balia di ladri, assassini e tipi strani.
Un abbraccio zamposo
Ciao Jene,
RispondiEliminaun gran bel post che spero aiuti a far riflettere. Concordo con voi siamo lontanissimi dall'essere una Repubblica. Per i due giovani suicidi non so cosa dire, mi sembra una moda...ora tutti si ammazzano dopo qualche sconfitta, allora cosa avrebbero dovuto fare i nostri nonni, uccidere intere famiglie? quella si che era fame perchè si mangiava un pezzo di pane in 6.
Un abbraccio e buona domenica
I nostri nonni avevano la dignità, un concetto che tante persone oggi sembrano non conoscere più.
EliminaUn abbraccio zamposo
Guardate, il lavoro ormai è una chimera, la Repubblica un'illusione.
RispondiEliminaLa sola certezza è che siamo stati fregati.
Un abbraccio
Verissimo,
Eliminaun abbraccio zamposo
Un paese senza lavoro non è un paese dignitoso, un paese corrotto non è dignitoso, un paese mafioso non è dignitoso.
RispondiEliminaPer farla breve, facciamo schifo.
Un bacione
Brava!
EliminaUn abbraccio zamposo
Anch'io sono senza parole, è incredibile che, in qualsiasi modo la si pensi, si possano scrivere certe scempiaggini ma soprattutto è incredibile che davanti a un mondo che va avanti si sia ancora così ottusi .
RispondiEliminaCiao, buona serata e un abbraccio.
Antonella
Sembra che l'ignoranza e l'ottusità siano comportamenti accettati, quando invece li si dovrebbe estirpare.
EliminaUn abbraccio zamposo
Ma più che altro la domanda è: siamo mai stati davvero una repubblica?
RispondiEliminaUn abbraccio savanosissimo!
Ruth
Care ragazze, non lo sappiamo più...
EliminaUn abbraccio zamposo
Speriamo che i paletti messi a sorreggere questa nostra povera Italia, non cedano...
RispondiEliminaVeramente ho tanto timore....
Slurponi grandi per tutti!
Putroppo concordo, siamo molto lontani dall'idea di Repubblica dei padri costituenti e comincio a pensare che non ci avvicineremo mai, vedo che le cose continuano a non cambiare anzi, continuano sempre nella stessa direzione...come può evolvere una società con "il pregiudizio"...secondo me mai!
RispondiEliminaSpero di sbagliarmi!
Un bacio a tutti!