"Se non riparte il Sud a farne le
spese e' l'economia dell'intero paese: infatti le tendenze negative sono pari
quasi al doppio della media nazionale, il che significa che per generare
crescita e sviluppo bisogna invertire il ciclo negativo del Mezzogiorno".
Cosi' il segretario nazionale della Cgil, Serena Sorrentino, commenta i dati
del
rapporto Censis sul Mezzogiorno che evidenziano, tra l'altro, l'alta percentuale di Neet, i giovani che ne' studiano ne' lavorano, al Sud. Il dato rappresenta un "allarme nazionale".
Il rapporto, sottolinea, "conferma quanto avevamo messo al centro del confronto con gli ultimi governi: istruzione ed occupazione sono i due settori da cui ripartire per affrontare la crisi. Il dato che preoccupa maggiormente e' quello dei Neet. Non e' un caso che superi il 35% in Campania e Sicilia dove la deindustrializzazione e' piu' forte e dove, a differenza della Puglia, non ci sono stati investimenti regionali su occupazione
e sviluppo". Per questo, "dare attuazione al piano europeo 'garanzia giovani', comitati per l'attuazione del piano del lavoro per creare occupazione e collegamento dell'utilizzo dei fondi strutturali a programmi di azione nazionale su welfare,
ambiente, energia e infrastrutture - conclude Sorrentino - sono reali occasioni per rispondere alle emergenze sociali nel Sud".
"Il Sud - rileva a sua volta la Cisl - ha pagato in questa crisi il prezzo più alto, in termini di perdita di posti di lavoro e riduzione dei redditi, il che mette a rischio la coesione sociale. Ecco perchè il nuovo Governo deve collocare le politiche per il Mezzogiorno al centro delle sue strategie di crescita. Il nuovo quadro di risorse che la Unione europea si appresta a stanziare, assieme alle dovute risorse ordinarie, deve consentire al nostro Sud di rilanciare l'industria e l'occupazione e rendere i processi sociali inclusivi soprattutto nelle città e nelle aree interne.
Per favorire l'occupazione nel Mezzogiorno, devono assumere un ruolo centrale, le infrastrutture materiali ed immateriali ed un' istruzione soprattutto tecnica".
rapporto Censis sul Mezzogiorno che evidenziano, tra l'altro, l'alta percentuale di Neet, i giovani che ne' studiano ne' lavorano, al Sud. Il dato rappresenta un "allarme nazionale".
Il rapporto, sottolinea, "conferma quanto avevamo messo al centro del confronto con gli ultimi governi: istruzione ed occupazione sono i due settori da cui ripartire per affrontare la crisi. Il dato che preoccupa maggiormente e' quello dei Neet. Non e' un caso che superi il 35% in Campania e Sicilia dove la deindustrializzazione e' piu' forte e dove, a differenza della Puglia, non ci sono stati investimenti regionali su occupazione
e sviluppo". Per questo, "dare attuazione al piano europeo 'garanzia giovani', comitati per l'attuazione del piano del lavoro per creare occupazione e collegamento dell'utilizzo dei fondi strutturali a programmi di azione nazionale su welfare,
ambiente, energia e infrastrutture - conclude Sorrentino - sono reali occasioni per rispondere alle emergenze sociali nel Sud".
"Il Sud - rileva a sua volta la Cisl - ha pagato in questa crisi il prezzo più alto, in termini di perdita di posti di lavoro e riduzione dei redditi, il che mette a rischio la coesione sociale. Ecco perchè il nuovo Governo deve collocare le politiche per il Mezzogiorno al centro delle sue strategie di crescita. Il nuovo quadro di risorse che la Unione europea si appresta a stanziare, assieme alle dovute risorse ordinarie, deve consentire al nostro Sud di rilanciare l'industria e l'occupazione e rendere i processi sociali inclusivi soprattutto nelle città e nelle aree interne.
Per favorire l'occupazione nel Mezzogiorno, devono assumere un ruolo centrale, le infrastrutture materiali ed immateriali ed un' istruzione soprattutto tecnica".
Persi oltre 500 mila posti: il 60% al
sud in 4 anni
I giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non si formano, i cosiddetti Neet, sono molto piu' numerosi in tutte le regioni meridionali che nel
resto d'Italia. La loro incidenza media nel Mezzogiorno e' infatti del 31,9% ed e' superiore alla media nazionale che si attesta al 22,7%. A sottolinearlo e' il Censis, che indica una situazione "da emergenza sociale" in Campania dove la quota sale al 35,2% e in Sicilia dove e' al 35,7%.
Nel rapporto 'La crisi sociale del Mezzogiorno', il Censis sottolinea anche come la spesa pubblica per l'istruzione e la formazione nel Mezzogiorno e' molto piu' alta di quella destinata al resto del Paese: il 6,7% del Pil contro il 3,1% del Centro-Nord, ovvero 1.170 euro pro-capite nel Mezzogiorno rispetto ai 937 del resto d'Italia (ovvero il 24,9% in piu').
Eppure, il tasso di abbandono scolastico e' del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord, i livelli di apprendimento e le competenze sono "decisamente peggiori". Inoltre il 23,7% degli iscritti meridionali all'universita' si e' spostato verso una localita' centro-settentrionale, contro una mobilita' di solo il 2% dei loro colleghi del Centro e del Nord.
Censis: aumenta divario fra nord-sud
La crisi ha allargato il divario Nord-Sud. Tra il 2007 e il 2012 infatti, nel Mezzogiorno il Pil si e' ridotto del 10% in termini reali a fronte di una flessione del 5,7% registrata nel Centro-Nord. Nel 2007 il Pil italiano era pari a 1.680 miliardi di euro, cinque anni dopo si era ridotto a 1.567 miliardi. E' quanto emerge dal Rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis presentato oggi a Roma da Giuseppe De Rita e
Giuseppe Roma, presidente e direttore generale del Censis.
I giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non si formano, i cosiddetti Neet, sono molto piu' numerosi in tutte le regioni meridionali che nel
resto d'Italia. La loro incidenza media nel Mezzogiorno e' infatti del 31,9% ed e' superiore alla media nazionale che si attesta al 22,7%. A sottolinearlo e' il Censis, che indica una situazione "da emergenza sociale" in Campania dove la quota sale al 35,2% e in Sicilia dove e' al 35,7%.
Nel rapporto 'La crisi sociale del Mezzogiorno', il Censis sottolinea anche come la spesa pubblica per l'istruzione e la formazione nel Mezzogiorno e' molto piu' alta di quella destinata al resto del Paese: il 6,7% del Pil contro il 3,1% del Centro-Nord, ovvero 1.170 euro pro-capite nel Mezzogiorno rispetto ai 937 del resto d'Italia (ovvero il 24,9% in piu').
Eppure, il tasso di abbandono scolastico e' del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord, i livelli di apprendimento e le competenze sono "decisamente peggiori". Inoltre il 23,7% degli iscritti meridionali all'universita' si e' spostato verso una localita' centro-settentrionale, contro una mobilita' di solo il 2% dei loro colleghi del Centro e del Nord.
Censis: aumenta divario fra nord-sud
La crisi ha allargato il divario Nord-Sud. Tra il 2007 e il 2012 infatti, nel Mezzogiorno il Pil si e' ridotto del 10% in termini reali a fronte di una flessione del 5,7% registrata nel Centro-Nord. Nel 2007 il Pil italiano era pari a 1.680 miliardi di euro, cinque anni dopo si era ridotto a 1.567 miliardi. E' quanto emerge dal Rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis presentato oggi a Roma da Giuseppe De Rita e
Giuseppe Roma, presidente e direttore generale del Censis.
Nella crisi abbiamo perso quindi 113
miliardi di euro, molto piu' dell'intero Pil dell'Ungheria, un Paese di quasi 9
milioni d'abitanti. Di questi, 72 miliardi di euro si sono persi al Centro-Nord
e 41 miliardi (pari al 36%) al Sud. Ma la recessione
attuale e' solo l'ultimo tassello di una serie di criticita' che si sono stratificate nel tempo: piani di governo poco chiari, una burocrazia lenta nella gestione delle risorse pubbliche, infrastrutture scarsamente competitive, una limitata apertura ai
mercati esteri e un forte razionamento del credito hanno indebolito il sistema-Mezzogiorno fino quasi a spezzarlo.
attuale e' solo l'ultimo tassello di una serie di criticita' che si sono stratificate nel tempo: piani di governo poco chiari, una burocrazia lenta nella gestione delle risorse pubbliche, infrastrutture scarsamente competitive, una limitata apertura ai
mercati esteri e un forte razionamento del credito hanno indebolito il sistema-Mezzogiorno fino quasi a spezzarlo.
Ma non solo, nel confronto con i grandi
sistemi dell'euro zona l'Italia e' il Paese con le piu' rilevanti
diseguaglianze territoriali. Il Centro-Nord (31.124 euro di Pil per abitante)
e' vicino ai valori dei Paesi piu' ricchi come la Germania, dove il Pil
pro-capite e' di 31.703 euro. Mentre i livelli di reddito del Mezzogiorno sono
inferiori a quelli della Grecia (17.957 euro il Sud, 18.454 euro la Grecia).
(RaiNews)
Ciao Jene,
RispondiEliminaè vero, noi al sud l'abbiamo pagata cara questa crisi e non solo i giovani, ma anche tanta gente con famiglia a carico. Tantissime persone tra i 40-60 anni sono state licenziate e per loro questo è critico e gravissimo, parliamo di gente con figlia, figli a scuola, mutui ecc... che a causa dell'età hanno difficoltà (impossibilità), di ritornare nel mercato del lavoro. Per i giovani, invece, vi è l'impossibilità di pensare ad un futuro, possiamo solo pensare di partire.
Comunque dovrebbe cambiare la mentalità di tutti, perchè da noi al sud vige la regola ti pago 10 se ti va bene altrimenti metto a lavorare un marocchino per 5 (uno schifo)...servono controlli, ispezioni e multe salate (carcere)
Un abbraccio
Partire per dove, per un centro nord che offre ben poco?
EliminaLa situazione che tu descrivi è ormai default in tutto il paese e se la classe politica non farà nulla di concreto per cambiare, affonderemo come il Titanic.
Un abbraccio zamposo
Scusate, mi sono espressa male.
EliminaIntendevo partire in altre nazioni e non al nord, non ho specificato sorry
Per il resto credo che siamo già affondati, poveri noi -.-'
un abbraccio
Il "nuovo che avanza" sta facendo gli stessi errori del "vecchio che non retrocede", non si può pensare di risollevare un paese in crisi togliendo posti di lavoro, ipotecando il futuro delle nuove generazioni, aumentando le tasse e continuare a chiedere sacrifici al popolo... Come dice il testo di una canzone di Venditti: "bomba o non bomba arriveremo a Roma" e allora saranno dei gran mal di pancia per molti.
RispondiEliminaun saluto alla savana
Sì, proprio dei gran mal di pancia e speriamo arrivino presto!
EliminaProbabilmente nelle grandi città del Nord la situazione è un po' diversa...ma in questo Biellese, col le sue valli, in cui si viveva di pane e fabbriche tessili la situazione è disperata. Ho amici che sono ormai da anni senza lavoro, ci sono famiglie allo stremo...questa una volta era una delle zone più ricche d'Italia oggi è un ammasso di fabbriche vuote...ho addirittura in programma un post per illustrare la situazione delle nostre industrie.
RispondiEliminaCiao, un abbraccio zamposo.
Antonella
Aspetteremo questo post e lo appoggeremo al cento per cento, bisogna denunciare lo schifo che avviene nel nostro paese!
EliminaBeh se vi può consolare, hanno promesso che la crisi finirà nel 2014 ma io personalmente non ci credo: ci sono troppe falle in questa società e il divario fra ricchi e poveri si fa sempre più sentire, così aumentano anche i disoccupati e un paese senza lavoro non procede.
RispondiEliminaSembra il serpente che si morde la coda.
Un baciotto
Nemmeno noi ci crediamo anche perchè il solo modo per far terminare questa crisi è quello di cambiare in toto classe politica e classe dirigente...
EliminaCiao Jene, questo articolo è ancora l'esempio di come i politici siano sordi ai problemi dell'Italia pensino sempre al proprio profitto.
RispondiEliminaForse solo quando saremo tutti disoccupati allora si farà qualcosa.
Un abbraccio
Neanche lì faranno qualcosa, no anzi forse aumenteranno ancora le tasse!
Eliminanon solo il sud ma anche da me lombardia ....la situazione è uguale a quella di antonella .......penso che ormai ogni regione è uguale ......forse quando saremo tutti sul lastrico allora faranno qualcosa
RispondiEliminaMah, non siamo così ottimiste cara ragazza...
EliminaUn abbraccio zamposo