giovedì 25 aprile 2013

A TUTTI NOI CHE CREDIAMO NEL 25 APRILE


Questo racconto di Antonio Camuso è una testimonianza sul 25 aprile e sulla forza delle persone che hanno combattuto per liberare il nostro paese dai nazisti.
Oggi lo condividiamo per non dimenticare.

Maria abitava  a Milano, in un piccolo  e modesto appartamento di Porta Ticinese.
Era una donna minuta,  con i capelli ingrigiti dall’età,  ma nei suoi occhi, nella vitalità del suo sguardo, c’era una forza che sembrava non averla lasciata mai da quei lontani giorni di aprile del 45.
Lei era la mamma di Valerio , un compagno conosciuto al festival di Re Nudo a Parco Lambro per avermi ospitato nella sua tenda. Un incontro fortuito, come se ne facevano tanti in quegli anni, ma che permettevano di conoscere gente e situazioni che mai ti saresti aspettato di incontrare.
Valerio aveva sentito il mio accento pugliese e mi aveva accolto con un calore degno di figlio di meridionali: ”- Mio padre anche lui è pugliese  e sarebbe contento di conoscerti e di sapere qualcosa della Puglia di oggi. Sai, con il suo mestiere, l’artigiano, non si è  mai concesso una vacanza e in Puglia non ci torna da una vita!-“.
Fu così che,  terminato il festival, prima di partire mi portò a casa sua  ed incontrai Maria.
Lei,  al contrario del marito, un uomo modesto e silenzioso,  era una donna  che nonostante gli anni sprizzava  da tutti i pori una grande forza:
“-Sappi che io il 25 aprile sono morta e sono risuscitata!-“ mi rispose quando mi complimentai con lei per come si portasse bene gli anni.
Mi raccontò così la sua vicenda, che nei primi giorni di aprile del 1975 la vedeva nel ruolo di staffetta partigiana addetta alla logistica del CLN Milanese:
“- In quei giorni mi avevano dato l’incarico di portare in città una valigia di denaro proveniente dalla Svizzera che doveva servire alle necessità finanziarie del CLN in vista dell’insurrezione. Mi ritrovai così , a sedici anni, con la mia bicicletta a cercare di entrare in Milano,  trascinandomi appresso quella grossa valigia. Poiché avevo l’aspetto di una innocente ragazzina  ero riuscita a superare i posti di blocco tedeschi , i cui soldati avevano scherzato con me prendendomi in giro sul fatto che la valigia, messa di traverso alla canna, sembrasse più grande di me.
Fu proprio quando ero entrata quasi in città che una pattuglia della milizia fascista mi fermò”-
“-Cosa porti in quella valigia?-
Risposi che la mia casa era stata bombardata e mi stavo trasferendo con un po’ di vestiti da alcuni parenti. I militi con fare minaccioso dissero che per loro in quella valigia ci dovevano essere beni da vendere alla borsa nera: formaggi, farina e pasta, altro che indumenti!
Quando la valigia alla fine fu aperta centinaia di banconote di diverso taglio e di valute internazionali diverse caddero svolazzando al suolo.
Io  non fiatai quando i fascisti mi chiesero da dove provenisse tutto quel denaro e loro rimasero un po’indecisi se accollarmi l’accusa di borsa nera o essere una fiancheggiatrice di partigiani.
Portata  a San Vittore mi ritrovai in cella con altre disgraziate che apparentemente erano lì per fatti di criminalità comune. Ci rimasi in carcere solo qualche giorno e non ebbi il tempo di subire nessun interrogatorio .
La mattina del 25 aprile sentimmo tutte una gran confusione: dalle finestre si sentivano spari mentre dalle gabbie degli altri reparti si sentivano rumori metallici e urla. Ad un certo punto la porta della nostra cella si aprì ed una suora disse a me e le mie compagne che in quel momento le guardie sembravano aver abbandonato quel lato del carcere e ci guidò fino all’uscita.
La mia testa girava dalla gran confusione, non riuscivo a comprendere ciò che stava accadendo e a malapena riuscii ad arrivare nel mio quartiere. Una vicina di casa quando mi vide sbiancò in volto e per un attimo pensai che mi cadesse morta tra le braccia:-
“-Maria sei proprio tu?-“ Vedendomi osservata quasi fossi un fantasma mi chiesi se pochi giorni di prigione mi avessero tanto trasformata.
Poi tra i pianti e le lacrime delle mie amiche fui catapultata tra le braccia di mia madre: sei viva! Dio che miracolo!-
Alla mia domanda di cosa li avesse tanto turbati mi fecero vedere il Corriere della Sera del 25 aprile. In una pagina in un trafiletto incorniciato veniva annunciata l’avvenuta fucilazione , per mezzogiorno di una ventina di persone colte a rubare e fare borsa nera e tra esse in quella lista  c’era il mio nome .Il 25 aprile mi aveva ridata la vita! “-
Mentre raccontava tutto ciò mi mostrava la medaglia e il diploma di combattente della lotta partigiana di cui era fierissima,  come era fiera di quel suo unico figlio che sapeva anche lui un ribelle e antifascista convinto.
Quando qualche anno provai a contattarla ma ebbi una brutta notizia: venuto a mancare suo figlio, caduto in un paese dell’America Latina in uno scontro tra guerriglieri e militari , aveva avuto un infarto ed era morta dal dolore , lasciando il suo testimone  a tutti noi che crediamo nei valori del 25 aprile.



7 commenti:

  1. Una storia molto toccante, mi ricorda gli anni in cui sono nata e i valori per cui i miei genitori e il mio compagno si sono sempre strenuamente battuti.
    Grazie ragazzi,
    un abbraccio

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  2. E pensare che per molti ragazzi della mia età la massima aspirazione è possedere il cellulare più figo in circolazione...
    Grazie per aver condiviso questa testimonianza, spero che serva a far riflettere giovani e meno giovani.
    Un saluto alla savana :)

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  3. Ciao Jene,
    ma è una storia bellissima, certo mi è scappata la lacrimuccia (sono sentimentale), però che donna!!!
    Mi spiace solo che siamo in pochi a credere nel 25 aprile, per gli altri è solo un giorno di festa.
    un abbraccio

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  4. si tramandano queste bellissime testimonianze per non dimenticare, ma sembra ormai che i ricordi siano volati via lontano... stiamo sempre lottando per difendere la nostra libertà? ...
    un abbraccio

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  5. Ragazzi mi siete mancati, sono felice di rileggervi!
    Un baciotto e complimenti per il post

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  6. Un bellissimo post che dovrebbe far pensare al sangue versato per questo paese che sta andando in rovina,
    un abbraccio

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  7. Siamo molto contenti che questa testimonianza vi abbia colpito, ormai è così raro trovare persone che credono e ricordano davvero il senso di questo giorno.
    Un abbraccio zamposo

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