Questo racconto di Antonio Camuso è una testimonianza sul 25 aprile
e sulla forza delle persone che hanno combattuto per liberare il nostro paese
dai nazisti.
Oggi lo condividiamo per non dimenticare.
Maria abitava a Milano, in un
piccolo e modesto appartamento di Porta Ticinese.
Era una donna minuta, con i
capelli ingrigiti dall’età, ma nei suoi occhi, nella vitalità del
suo sguardo, c’era una forza che sembrava non averla lasciata mai da quei
lontani giorni di aprile del 45.
Lei era la mamma di Valerio , un
compagno conosciuto al festival di Re Nudo a Parco Lambro per avermi ospitato
nella sua tenda. Un incontro fortuito, come se ne facevano tanti in quegli
anni, ma che permettevano di conoscere gente e situazioni che mai ti saresti
aspettato di incontrare.
Valerio aveva sentito il mio accento
pugliese e mi aveva accolto con un calore degno di figlio di meridionali: ”-
Mio padre anche lui è pugliese e sarebbe contento di conoscerti e di
sapere qualcosa della Puglia di oggi. Sai, con il suo mestiere, l’artigiano,
non si è mai concesso una vacanza e in Puglia non ci torna da
una vita!-“.
Fu così che, terminato il
festival, prima di partire mi portò a casa sua ed incontrai Maria.
Lei, al contrario del marito,
un uomo modesto e silenzioso, era una donna che nonostante gli
anni sprizzava da tutti i pori una grande forza:
“-Sappi che io il 25 aprile sono morta e
sono risuscitata!-“ mi rispose quando mi complimentai con lei per come si
portasse bene gli anni.
Mi raccontò così la sua vicenda, che nei
primi giorni di aprile del 1975 la vedeva nel ruolo di staffetta partigiana
addetta alla logistica del CLN Milanese:
“- In quei giorni mi avevano dato
l’incarico di portare in città una valigia di denaro proveniente dalla Svizzera
che doveva servire alle necessità finanziarie del CLN in vista
dell’insurrezione. Mi ritrovai così , a sedici anni, con la mia bicicletta a
cercare di entrare in Milano, trascinandomi appresso quella grossa
valigia. Poiché avevo l’aspetto di una innocente ragazzina ero
riuscita a superare i posti di blocco tedeschi , i cui soldati avevano
scherzato con me prendendomi in giro sul fatto che la valigia, messa di
traverso alla canna, sembrasse più grande di me.
Fu proprio quando ero entrata quasi in
città che una pattuglia della milizia fascista mi fermò”-
“-Cosa porti in quella valigia?-
Risposi che la mia casa era stata
bombardata e mi stavo trasferendo con un po’ di vestiti da alcuni parenti. I
militi con fare minaccioso dissero che per loro in quella valigia ci dovevano
essere beni da vendere alla borsa nera: formaggi, farina e pasta, altro che
indumenti!
Quando la valigia alla fine fu aperta
centinaia di banconote di diverso taglio e di valute internazionali diverse
caddero svolazzando al suolo.
Io non fiatai quando i
fascisti mi chiesero da dove provenisse tutto quel denaro e loro rimasero un
po’indecisi se accollarmi l’accusa di borsa nera o essere una fiancheggiatrice
di partigiani.
Portata a San Vittore mi
ritrovai in cella con altre disgraziate che apparentemente erano lì per fatti
di criminalità comune. Ci rimasi in carcere solo qualche giorno e non ebbi il
tempo di subire nessun interrogatorio .
La mattina del 25 aprile sentimmo tutte
una gran confusione: dalle finestre si sentivano spari mentre dalle gabbie
degli altri reparti si sentivano rumori metallici e urla. Ad un certo punto la
porta della nostra cella si aprì ed una suora disse a me e le mie compagne che
in quel momento le guardie sembravano aver abbandonato quel lato del carcere e
ci guidò fino all’uscita.
La mia testa girava dalla gran
confusione, non riuscivo a comprendere ciò che stava accadendo e a malapena
riuscii ad arrivare nel mio quartiere. Una vicina di casa quando mi vide
sbiancò in volto e per un attimo pensai che mi cadesse morta tra le braccia:-
“-Maria sei proprio tu?-“ Vedendomi
osservata quasi fossi un fantasma mi chiesi se pochi giorni di prigione mi
avessero tanto trasformata.
Poi tra i pianti e le lacrime delle mie
amiche fui catapultata tra le braccia di mia madre: sei viva! Dio che
miracolo!-
Alla mia domanda di cosa li avesse tanto
turbati mi fecero vedere il Corriere della Sera del 25 aprile. In una pagina in
un trafiletto incorniciato veniva annunciata l’avvenuta fucilazione , per
mezzogiorno di una ventina di persone colte a rubare e fare borsa nera e tra
esse in quella lista c’era il mio nome .Il 25 aprile mi aveva ridata
la vita! “-
Mentre raccontava tutto ciò mi mostrava
la medaglia e il diploma di combattente della lotta partigiana di cui era
fierissima, come era fiera di quel suo unico figlio che sapeva anche
lui un ribelle e antifascista convinto.
Quando qualche anno provai a
contattarla ma ebbi una brutta notizia: venuto a mancare suo figlio,
caduto in un paese dell’America Latina in uno scontro tra guerriglieri e
militari , aveva avuto un infarto ed era morta dal dolore , lasciando il suo
testimone a tutti noi che crediamo nei valori del 25 aprile.
Una storia molto toccante, mi ricorda gli anni in cui sono nata e i valori per cui i miei genitori e il mio compagno si sono sempre strenuamente battuti.
RispondiEliminaGrazie ragazzi,
un abbraccio
E pensare che per molti ragazzi della mia età la massima aspirazione è possedere il cellulare più figo in circolazione...
RispondiEliminaGrazie per aver condiviso questa testimonianza, spero che serva a far riflettere giovani e meno giovani.
Un saluto alla savana :)
Ciao Jene,
RispondiEliminama è una storia bellissima, certo mi è scappata la lacrimuccia (sono sentimentale), però che donna!!!
Mi spiace solo che siamo in pochi a credere nel 25 aprile, per gli altri è solo un giorno di festa.
un abbraccio
si tramandano queste bellissime testimonianze per non dimenticare, ma sembra ormai che i ricordi siano volati via lontano... stiamo sempre lottando per difendere la nostra libertà? ...
RispondiEliminaun abbraccio
Ragazzi mi siete mancati, sono felice di rileggervi!
RispondiEliminaUn baciotto e complimenti per il post
Un bellissimo post che dovrebbe far pensare al sangue versato per questo paese che sta andando in rovina,
RispondiEliminaun abbraccio
Siamo molto contenti che questa testimonianza vi abbia colpito, ormai è così raro trovare persone che credono e ricordano davvero il senso di questo giorno.
RispondiEliminaUn abbraccio zamposo