lunedì 27 febbraio 2012

IMU E RIVOLTA DEI VESCOVI

Sull’Imu il governo chiarisca». Ormai non è più una richiesta ma uno slogan che unisce i cattolici di tutti i partiti ad eccezione dell’Idv. E che trova sponda nelle gerarchie ecclesiastiche, preoccupate dall’«incertezza della norma». 
Se le scuole statali sono esentate perché svolgono un servizio pubblico, «lo devono essere anche le scuole cattoliche che operano non per fini di lucro e spesso per le fasce più disagiate», specifica il vescovo Michele Pennisi, segretario della commissione Cei per l’Educazione. Oggi la questione verrà affrontata come uno degli ultimi ostacoli allo sprint di Monti. Il mezzo tecnico per far chiarezza «lo decida l’esecutivo», afferma il capogruppo del Pdl in Senato, Maurizio Gasparri: «Non cambia se ciò avviene per via amministrativa con una circolare oppure riscrivendo l’emendamento. Ci interessa la sostanza, non la forma». Da una parte il governo cerca di rassicurare le decine di sigle che hanno lanciato l’allarme sul «colpo di grazia» per le scuole paritarie e gli asili gestiti da religiosi. Ma dall’altra i vescovi fanno pressing e non abbassano la guardia sull’estensione dell’Imu.
Nelle ultime ore direttamente il capo della Chiesa italiana, Angelo Bagnasco ha sentito al telefono alcuni leader cattolici della maggioranza che tiene in vita l’esecutivo. E’ in pericolo la spina dorsale della formazione cattolica in Italia. A rischio sono soprattutto le congregazioni religiose (come i salesiani) più impegnate a favore dei giovani e dei bisognosi. Bagnasco ha ribadito ai suoi interlocutori politici la necessità di un intervento tempestivo per scongiurare danni irreparabili ai servizi educativi e assistenziali. Dalle colonne del quotidiano della Cei, «Avvenire», il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo getta acqua sul fuoco: «Paga l’Imu chi iscrive un utile a bilancio. Chi lucra, sull’attività che svolge. Se la retta alla scuola parificata serve a sostenere i costi di gestione non è attività commerciale. Stesso concetto per ospedali, associazioni, partiti, sindacati». Polillo garantisce che «il decreto attuativo, oltre a stabilire come si calcola la porzione di edificio da cui si “lucra”, terrà conto di questo principio». Ma le parole che hanno avuto un’eco maggiore nei Sacri Palazzi sono quelle pronunciate ieri a Sky dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera che ritiene «saggia, ragionevole e determinata» la decisione di tassare i beni con finalità commerciale della Chiesa. Adesso però, «nel rendere operativa la scelta non si deve penalizzare il vero no-profit». Significativamente, i tre schieramenti che sostengono l’esecutivo si attestano sulla linea del «far chiarezza».

Le Jene sono brave a fare i compiti, hanno letto a fondo la Costituzione cercando un paragrafo in cui si dicesse che l'Italia è un paese cattolico.
Sorpresa! Abbiamo trovato ciò che cercavamo:

Il Cattolicesimo venne riconosciuto religione di Stato con l'articolo 1 dello Statuto albertino del 1848, dapprima in vigore nel solo Regno di Sardegna e poi esteso al nascente Regno d'Italia. Dal 1948 la Costituzione Repubblicana garantisce, nell'articolo 3, l'uguaglianza degli individui a prescindere dalla religione, il che rappresenta l'abolizione de facto della religione di Stato in Italia, cui si giunse ufficialmente con la revisione dei Patti Lateranensi del 1984 (Protocollo addizionale, punto 1), e con la sentenza 203/1989 della Corte Costituzionale, che sancisce che la laicità è il principio supremo dello Stato abolendo così la religione di Stato.

Bene, bene, bene: l'Italia NON è un paese cattolico, ma bensì uno Stato LAICO. 
Il Vaticano è uno Stato ospite nel nostro Stato ed essendo Stato ospite non ha alcun diritto a interferire con le leggi e le regolamentazioni della nostra nazione; anzi deve pagare le tasse (dal momento che ogni struttura ecclesiastica su suolo italiano è ospitata dal suolo italiano), rispettare le nostre leggi, non interferire con la nostra linea politica e farsi sommamente (grazie Cetto) i cazzi suoi.
Ci viene da ridere leggendo "E’ in pericolo la spina dorsale della formazione cattolica in Italia": l'unica cosa che qui è in pericolo per il Vaticano è un allevamento di giovani virgulti su cui preti pedofili vorrebbero mettere le mani.
L'Italia non ha una spina dorsale cattolica, l'Italia è diventata una nazione multietnica con più religioni che vanno tutte ugualmente rispettare e tutte queste religioni devono rispettare la laicità dello Stato italiano.
Nessun capo religioso deve e dovrà più permettersi di dire cosa dobbiamo e non dobbiamo fare: se non vi sta bene aria, il mondo è vasto, cercatevi un altro posto in cui andare a rompere i coglioni.





2 commenti:

  1. La chiesa deve pagare, ora bisogna vedere se dovrà essere costretta o se aprirà i cordoni sua sponte. Staremo a vedere.

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  2. Scommetto che fra poco arriverà anche la scomunica papale e il diluvio universale. Nel frattempo vado a preparare l'arca: meglio non farsi cogliere impreparati!

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