lunedì 23 gennaio 2012

E' iniziata la grande guerra del copyright ma gli Usa frenano sulla legge anti pirati

È cominciata l'offensiva in grande stile ai baluardi della pirateria su internet, fino a ieri intoccabili. Altri siti simili a Megavideo e Megaupload cadranno e certo saranno sostituiti da alternative analoghe. Gli utenti nel breve periodo digeriranno la vicenda quindi con un po' di ricerche online, a caccia di altri siti, ma è nei prossimi mesi che potrebbe arrivare l'effetto maggiore e per niente scontato: mentre infatti anche il Senato degli Stati Uniti ha rinviato dopo le proteste la discussione sulla legge antipirateria (una decisione analoga a quella già presa dalla Camera ), l'industria del copyright cercherà di restringere la libertà di azione di siti che ora ci appaiono del tutto legali, come Google, Facebook, Youtube. E' questo il senso dei commenti, a caldo, dei maggiori esperti di diritto d'autore su internet.

Il punto sono insomma gli effetti a cascata, globali, che partono da quella che in fondo è l'azione poliziesca delle autorità di un singolo Paese, gli Stati Uniti. Su questo ha trovato da ridire persino la commissaria europea per le nuove tecnologie Neelie Kroes, oggi: perché "l'azione unilaterale" delle autorità Usa impatta immediatamente sugli utenti anche europei. Persino su quelli che avevano usato legalmente Megaupload. Già, perché "Megaupload era un hard disk virtuale su internet e utenti anche italiani ci mettevano anche i propri file, legali, foto e documenti", nota Fulvio Sarzana, avvocato tra i massimi esperti di diritto d'autore su internet. "Adesso hanno perso tutto. Senza averne colpa e senza nemmeno che ci sia stato l'intervento di un'autorità del loro Paese", continua. È un effetto paradossale della doppia natura di internet: è uno strumento di accesso globale alle informazioni, che però sono presenti su server fisici, soggetti alle azioni giudiziarie di singoli Paesi.

Erano ben 1,7 milioni gli utenti italiani di Megaupload, secondo una stima di Fimi (Federazione industria musicale italiana). Più di eMule (990 mila utenti). Ma al primo posto, nei gusti degli italiani a caccia di musica e film, ci sono i circuiti torrent (8 milioni di utenti). Le alternative insomma abbondano, soprattutto per siti tipo Megaupload. Gli utenti infatti vi trovavano musica, film, riviste dopo aver seguito link presenti su altri siti, come forum e blog. Ma su questi ci sono anche link, per le stesse opere, verso molte alternative: Filesonic, Fileserve, Mediafire, Depositfiles e decine di altri. Megaupload era il più usato tra questi, certo, ma sarà presto sostituito. Sono numerosi anche i siti con film in streaming. Megavideo aveva la collezione più ricca, ma gli altri adesso cresceranno occupando l'assenza del gigante oscurato.

Fin qui l'effetto nel breve periodo. Nel giro di qualche settimana però succederà qualcos'altro, probabilmente: "E' evidente che l'industria del copyright ha deciso di avviare l'offensiva e quindi se la prenderanno anche con altri siti simili", dice Guido Scorza, avvocato esperto di questi temi. A conferma, si stanno muovendo con crescente aggressività anche le autorità italiane: "Stavamo per ottenere, da un tribunale, il blocco dell'accesso degli utenti italiani a Megaupload e Megavideo. L'Fbi ci ha anticipati: meglio così", dice Enzo Mazza, presidente di Fimi. Rincara la dose Riccardo Tozzi, presidente Anica: "Siamo favorevoli alla chiusura di quei due siti, che non sono altro che un'iniziativa di business illegale", osserva. "Non è corretto difenderli tirando in ballo la libertà di espressione. Ne sono anzi una minaccia, perché danneggiano il presupposto economico di chi si esprime con musica e film".

Alla chiusura dei siti seguirà l'azione giudiziaria, dall'esito incerto. Cioè in teoria i gestori potrebbero essere assolti e i siti venire riaperti: "non ho nulla da nascondere", ha detto ancora oggi Kim Schmitz, uno dei fondatori di Megaupload, durante l'udienza preliminare. "Certo è che nessun sito finora, simile a quei due, è stato condannato da un giudice; si è sempre trattato, anche in Italia, di sequestri preventivi- dice Scorza. Tuttavia credo che la condanna sia più probabile dell'assoluzione". Il motivo: finora questi siti, e i loro analoghi, si sono giustificati dicendo di essere puri intermediari; e che la responsabilità degli illeciti era solo degli utenti che caricavano sui siti i file pirata. "E' stata la stessa argomentazione di The Pirate Bay, un sito di torrent, che però è stato già condannato; e quello che faceva era anche meno grave: si limitava a indicizzare i file, in un motore di ricerca, mentre questi due siti li ospitavano direttamente sui propri server", spiega Scorza. Le autorità infatti stanno affermando il principio secondo cui quei siti sono illegali perché totalmente organizzati (con lucro, per altro) intorno all'attività pirata. Sarebbero quindi colpevoli di ricettazione e agevolazione alla pirateria.

Ma la caduta di questi giganti potrebbe avere un altro effetto, che riguarda davvero tutti: appassionati di file pirata e non. Di fondo, l'argomentazione "siamo solo intermediari puri, la responsabilità è dell'utente" è quella che regge buona parte di internet; è quella che permette a piattaforme come Google, Facebook, Youtube di operare senza rischiare ogni minuto multe salatissime per le azioni dei propri utenti. Idem per i provider che forniscono servizi di accesso a internet. "Temo insomma che si finirà per buttare il bambino con l'acqua sporca e che, per difendere il copyright, verranno colpiti anche i siti non orientati alla pirateria", dice Andrea Monti, avvocato fondatore dell'Alcei e noto per le battaglia per i diritti degli utenti su internet.

Monti e Scorza hanno un sospetto: che l'attacco a quei due siti sia una reazione alla battaglia di internet contro la proposta di legge Sopa. Che appunto mira ad appesantire le responsabilità, per la pirateria online, in capo a tutti i siti, anche quelli "normali". Confermano il collegamento tra i due aspetti- la mossa dell'Fbi e la battaglia per la libertà di internet- anche i commenti di Mazza: "Google e Wikipedia riflettano sulle loro battaglie per le libertà digitali visto che cosi difendono aziende criminali come Megaupload".
(articolo di A. Longo per il quotidiano La Repubblica)

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